8° Trofeo Canal Salso: una bella avventura

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tratto da FIPS Veneto 1984, di Sergio Richard

Nell’inverno sterminato di quest’anno il sole del 13 maggio è venuto in frettolosa visita tanto per salutare i concorrenti. E’ andata bene così perchè tra vento, pioggia, e il freddo di questi ultimi tempi era previso un VIII Trofeo Canal Salso da far accapponare la pelle. Invece no! Il sole è venuto ed ha intiepidito un po’, anche se l’acqua tra Mestre e Venezia è quella che è non solo per la temperatura ma soprattutto per il colore verde opaco.

Al contrario andare sott’acqua, attorno alle bricole del Canale di San Secondo non è poi spiacevole come sembra dalla superficie. sotto, la laguna si difende con un’acqua ancora abbastanza chiara, anche se la maleducazione umana ha imbrattato il fondale con vecchie lavatrici, frigoriferi ed altri marchingegni. L’homo sapiens prende l’aggeggio che non funziona più, lo carica in barca e ‘pluf’, in fondo alla laguna, come un mago che fa sparire tutto. Ma la natura è una signora con un gran buon carattere e subito s’affaccenda a coprire queste ferite con le sue bende. Così questi vecchi frigoriferi e lavatrici pian piano vengono ricoperti da formazioni di spugne gialle e arancioni. Piccoli paganelli giocano a rimpiattino tra le lamiere e qualche bavosa fa la curiosa in bella vista sulla sommità del rottame a guardare quello che capita attorno.

Ma oggi, 13 maggio, è giorno di gara perchè ogni anno, alla fine di aprile o all’inizio di maggio, sul canale di San Secondo, nel tratto che collega Venezia a Mestre da circa il ponte dei Tre Archi a San Giuliano, viene effettuata una gara di nuoto pinnato a livello nazionale denominata ‘Trofeo Canal Salso’, organizzata dal Club Sommozzatori Mestre. Praticamente è la prima competizione della lunga fila di gare di questa specialità in Italia.

Dalla fine di aprile sino ad ottobre inoltrato tutte le domeniche, in mare, in lago o in fiume si fa battaglia a colpi di pinne. Così le spiagge, le rive e le sponde portano i colori delle squadre. Dal rosso dei Vigili del Fuoco di Trieste all’azzurro dei Milanesi, dal bianco con tanto di stemma comunale della città di Torino al blu del Centro Sportivo dei Carabinieri di Napoli, al bianco e rosso delle Fiamme Oro di Roma ed infine l’arancione di Mestre con granchio nero in mezzo al petto dei rappresentanti del Club Sommozzatori Mestre.

Dopo le tute variopinte, le mute. Qui un solo colore: il nero; un solo modello perchè nel nuoto pinnato gli arti devono avere la massima libertà, braccia e gambe non devono essere intralciate: cuciture, giunture, non possono che essere eseguite nella stessa maniera e lo stesso spessore del neoprene, con il quale è costruita la muta, non supera i 2 mm. Questo vale anche per le gare invernali.

Alla fine di aprile nel canale di San Secondo non sono i Tropici: la temperatura dell’acqua si aggira sui 10-12 gradi; se proprio è una stagione fantastica si arriva ai 14 gradi. Ebbene, per i nostri del nuoto pinnato è già una fortuna: ci sono anche gare dove l’acqua è un frigo sui 6 gradi. Così, cavandosi la tuta ed infilandosi la muta, si preparano; tutt’insieme si imbarcano sul barcone per Venezia, ognuno con le proprie pinne sottobraccio. Pinne particolari in vetronite con uno o due tagli in mezzo unite da nastro adesivo, in modo che l’acqua venga incanalata al centro della pinna perchè non svergoli.

Da qualche anno inoltre, è comparsa e si sta estendendo sempre di più, l’uso della monopinna. Questa è un’unica grossa mezzaluna, sempre in vetronite, con le scarpette incollate sulla cima della parte tonda.

Questi attrezzi, pinne e monopinne, sono fatti in casa, tenendo conto del tipo di gara che uno intende fare: più morbide per le gare lunghe e più rigide e scattanti per le gare corte. Non guasta, durante la costruzione, confrontarsi con i proprio quadricipiti. Sono loro che devono accollarsi il maggior lavoro durante la pinneggiata ed una pinna troppo larga o troppo lunga può far piegare le ginocchia che invece hanno il compito di mantenere le gambe belle tese. Allora la pinna svetterà in cima ai piedi come una frusta.

Chi si prepara per la gara in Canal Salso prova ripulsa per quelle verdi acque fredde. Ma con il turbinare della partenza tutto viene dimenticato e l’agonismo prevale. La corda tirata da una sponda all’altra, presso il ponte dei Tre Archi, al via si alza e l’allineamento tanto urlato e reclamato dal giudice di partenza si frantuma in una festa di schiuma. Ed è il palio di Siena. I colpi ai fianchi dell’avversario non sono ammessi e tantomeno le pacche in testa o agguantare le pinne a quello che schizza in avanti; ma è un’arte cavar di bocca, con una bracciata precisa, l’areatore, ovvero il tubo che permette di respirare. Molte gentili fanciulle sono, spesso e volentieri, maestre in questo colpo proibito e guai a reclamare. O non ti badano o si inviperiscono ancora di più. Conosco una distinta signora di Mestre, qualche tempo fa agguerrita concorrente, che alla partenza mirava dritta sul primo incauto che cercava di superarla. Una volta tentò l’avventura un baldo carabiniere. Mal gliene incolse, ben presto l’areatore volò ‘inavvertitamente’ urtato dal delicato braccino della fanciulla. Il poverino ebbe l’ardire di farfugliare qualcosa. La vipera schizzò in avanti e lo tempestò di pugni.

Ma chi non ha colpa scagli la prima pietra e il Direttore di gara urla a squarciagola infinite squalifiche. Intanto il gruppo si sgrana in una fila in cui i più forti, i più bravi, vanno in testa. A cento metri le botte sono finite e la scia dei concorrenti è solo bracciate e pinneggiate vigorose.
Il Direttore di gara perdona tutti con il tradizionale “E’ l’ultima volta che faccio questo mestiere! Che gente incivile!”. Falso! Godendosi lo spettacolo si porta davanti a tutti con la sua barca a motore a far da battistrada. Si arriva così alle prime bricole che devono essere tenute sulla destra. Superarle a sinistra significa andare fuori del campo di gara e al di là c’è la secca. Con la marea in calante sussiste il rischio di urtare qualche palo, legno o lamiera sommersi e conficcati nel fondo: tagliarsi malamente è quasi certo.

Seguendo la processione di bricole, i primi, tirandosi a vicenda come in una gara ciclistica, s’avviano verso l’isola di San Secondo ed è tutto uno scatto convulso che muove il gruppo di testa. Ma la festa continua con un volo di gabbiani sull’isola.
Lo stormo di gabbiani fa un giro, s’alza, vede i nuotatori, s’abbassa, e s’avvicina ad osservare meglio la scena. E’ un nuotare da foche: tutte nere con la pelle liscia e quante ce ne sono! Per i sorridenti gabbiani i nuotatori sono foche, ci giurerei! L’uomo che nuota ritorna ad essere il mammifero, la foca o il delfino, l’amico di cui fidarsi. Da seguire per andare a spasso, per pescare insieme. Ed è bello vedere la lunga colonna dei nuotatori ormai scalata in gruppetti e concorrenti isolati circondata sopra e sui fianchi da questa galleria bianca di ali. Una stupenda foto a colori: il verde dell’acqua, il celeste del cielo, il bianco dei gabbiani, il nero dei nuotatori-foche, la processione marrone delle bricole e i tetti rossi di Venezia ormai lontani. Così manderemo la foto in giro per il mondo per far invidia alle Maldive.

Gli atleti ora ritmano cadenze di bracciate e pinneggiate a tenere la posizione guadagnata. Siamo a metà gara ed ognuno conosce gli avversari da battere o comunque da controllare.
Grazioli Pesaro fortissimo in prima, Capodoglio Mestre bravissimo in seconda: è sempre una conferma; l’Emanuela Imperatori Pesaro terza posizione gran donna, unica che viaggia nel freddo a spalle scoperte con il costume e solo i calzoni della muta: che donna! Lanza Verona in quarta: fila che è una meraviglia; in quinta Delli Guanti Mestre prima gara fuori dalle piscine: bellissima sorpresa; il mestrino Cerello, ad agosto quarantenne, si batte come un leone, finirà decimo, ma siamo all’inizio di stagione: attenti alle prossime gare.

In testa i migliori già intravvedono la macchia bianca delle colonne della sede in San Giuliano dei Canottieri Mestre: il traguardo.

L’acqua s’apre davanti a loro nella lotta finale in un duello riservato. Gli ultimi cinquecento metri sono un volo continuo con la conferma definitiva delle posizione ottenute. Il corpo disteso e teso ad imprimere pinneggiate valide e dietro le scie sollevate s’abbelliscono di schiuma. Una piccola folla tra le bianche colonne di San Giuliano li saluta con l’applauso all’arrivo. L’affanno dei primi che, tagliato il traguardo si avviano a riva, si scioglie in un sorriso: una promessa di ritrovarsi il prossimo anno a gareggiare sul canale di San Secondo per il IX Trofeo Canal Salso.